"Laudes Creaturarum": quale attualità?

Salve a tutti,
Oggi vi propongo un saggio critico letterario inerente alla questione, opinabile, se la Laudes Creaturarum, il Cantico delle creature, composta da Francesco d'Assisi (1181/1882 - 1226) poco tempo prima di morire, abbia una valenza attuale.

Buona lettura:
(San Francesco, Cigoli, 1600)

E' divenuta ormai consuetudine considerare la storia della letteratura italiana a partire dal Cantico di Francesco d'Assisi: la Laudes Creaturarum o Cantico di frate sole. L'origine di una tale convenzione, più che basarsi su questioni di semplicità che appaiono ben chiare, trovano in realtà il loro fondamento in diversi argomenti:
1) l'ORIGINALITA': l'opera di Francesco introduce, nel panorama letterario italiano del Duecento, una concezione tutta nuova del produrre letteratura. Possiamo dire che il Cantico sancisce un confine di netta distinzione tra le tradizioni d'Oc e d'Oil, che comunque trasmettono una serie di tematiche di profonda importanza per lo sviluppo della nostra letteratura (vedi il concetto dell'amore cortese, ad esempio, o il filone del romanzo cavalleresco). Grazie all'opera di Francesco, in Italia nasce una tradizione letteraria distinta dal modello franco-provenzale;
2)il LINGUAGGIO: in questo senso, il grande merito del santo di Assisi è quello di aver per la prima volta elevato la lingua volgare (umbra) a livello letterario. Francesco non fu certo il primo ad utilizzare il volgare per fare letteratura; tuttavia, l'aspetto innovativo sta in ciò: che egli fu capace di donare al proprio componimento un
3)"CARATTERE NAZIONAL-POPOLARE", come potremmo chiamarlo. Se è vero che l'umiltà, finanche antintellettualistica, dell'Autore non lo spingesse a indossare le vesti del "paladino spirituale" del popolo italiano, o meglio, degli allora popoli italiani, è pur sicuro ciò: che la poesia francescana trova la sua genesi nel messaggio universale di cui il compositore si fa portavoce, quello di una nuova concezione dell'uomo di fronte alla natura, di fronte a Dio. Il lettore volgare (cioè appartenente al "vulgus", popolo) può finalmente accedere, secondo il proprio linguaggio e nel proprio contesto socio-spirituale, ad una nuova visione, che non esclude il commerciante ma neanche il contadino. Rivolgendosi all'uomo, Francesco si rivolge anche al volgo d'Italia. Anzi, è forse solo il volgo portavoce di quella "humilitate" (1) che è degna di presentarsi innanzi a Dio.
Per ricostruire dunque l'originario messaggio francescano occorre contestualizzare l'opera poetica in un preciso momento storico-religioso-spirituale. in netta opposizione a quanti, come il Balducci (2) e il Volponi (3), hanno cercato di attualizzare il Cantico, con un intento che pare più educativo che non critico in senso letterario. Lo sforzo certo sembra ammirevole e condivisibile se poniamo la questione etica del nostro tempo. Questa finisce inevitabilmente, però, coll'inquinare la concezione letteraria dell'opera; e di ciò ci si rende subito coscienti quando, ad esempio, si legge che « La povertà di Francesco era anche una forma di amore per le generazioni future, una forma di amore a cui oggi è affidata [...] la stessa possibilità che la storia umana prosegua.», laddove viene posta un'attualizzazione forzata della lauda che finisce con l'oscurare, agli occhi del lettore non esperto, il suo significato originario. Al contrario, ad occhio consapevole che legga questa interpretazione ha sùbito l'impressione che il "problema" da cui scaturisce l'"opera francescana" - intendendo con questa espressione sia la composizione letteraria sia la missione religiosa di Francesco, giacché le due cose sono strettamente correlate - sia quello di un "allarme ecologico". Cosicché l'umiltà e l'amore per il creato del Cantico, da inno all'onnipotenza del Signore e richiamo alla virtù cristiana, diviene amore per la natura col fine di salvaguardare il mondo dalla catastrofe. Ma non v'è nulla, nel Cantico, che possa anche lontanamente far riferimento a tutto ciò.
E anche il parere del Volponi, sebbene meno rischioso, pare pur sempre azzardato.
Se da una parte, infatti, egli dimostri di aver ben compreso il senso dell'atteggiamento francescano (« Nel "Cantico delle creature" c'è una scrittura limpida [...] che serve [...] per sentirsi realmente in piedi sulla Terra, per non aver paura della morte, per mettersi a lavorare, per essere confortati dall'Universo, dalle sue bellezza, dai suoi tesori, dalla sua grande pietà e generosità.» (4)), d'altra parte commette quell'errore di attualizzazione che abbiamo rilevato nel Balducci (« San Francesco è un po' l'idea della felicità e della verità nel nuovo, della rivoluzione, del presente possibile. Una rivoluzione fatta cambiando il modo di agire. D'altra parte, se l'umanità non cambia è destinata a perire presto, a bruciare insieme al suo universo, miseramente.» (5)).
Ma l'attualizzazione, in sé e per sé, del messaggio francescano, non ha un che di sbagliato o di dannoso, anzi. Quando però si incontrano il piano etico-morale-spirituale e quello poetico-letterario, come nel Cantico, l'opera di attualizzazione, quando privilegi l'uno o l'altro piano, danneggia inevitabilmente il senso complessivo, direi quasi filologico, dell'opera. O meglio, l'interpretazione del senso dell'opera. E così, quello che nasce come spunto per una riflessione etica, viene travisato e innalzato a interpretazione globale dell'opera letteraria, o passa per sembrare tale.
In conclusione, non si sta qui criticando la tesi del Balducci o quella del Volponi, ma piuttosto si vuole chiarire, qualora ce ne fosse bisogno, che esse non possono essere considerate interpretazioni del Cantico francescano; non danno un'autorevole chiave di lettura del testo, ma semmai una chiave di ri-lettura, valida solo per l'uomo di questo tempo e vivente queste circostanze.

(1) San Francesco d'Assisi, Laudes Creaturarum, v.33
(2) E. Balducci, Francesco d'Assisi, ediz. Cultura della pace, Firenze 1989
(3) P. Volponi, Sperimentalismo e tradizione, in Allegoria n.s., V, 1993, 14
(4) P.Volponi, ibidem
(5) P. Volponi, ibidem


P.S. : Non sono del tutto soddisfatto di questo mio saggio. Lo stile è arcigno, il giudizio severo e potrebbe sembrare una dura critica ai letterati a cui mi sono riferito. Tuttavia, nulla di questo era nelle mie intenzioni: le riletture del Balducci e del Volponi, cioè, mi hanno solamente offerto la possibilità di affrontare una questione che pare rilevante da un punto di vista critico-letterario.

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