Elogio dei dilettanti

Quest'oggi vorrei parlare di una tematica spesso circondata da profonda ignoranza, miopia e ambiguità di fondo.
Partiamo dal titolo: si parla di dilettanti... Chi sono costoro? A quali dilettanti mi riferisco?
"Dilettante" è colui che si dedica ad un'attività o ad una serie di attività "per diletto", quindi senza particolari secondi fini, né professionali né accademici. E' una nozione molto generale, che può applicarsi a svariati ambiti. Qui mi riferisco specificatamente ai "dilettanti del sapere" ovvero a tutti quegli intellettuali che, nella storia della cultura, pur avvicinandosi a un qualche sapere o a una qualche disciplina come dilettanti, come non intenditori, abbiano tuttavia raggiunto importanti risultato nello specifico ambito conoscitivo di cui si sono occupati.
Quando pensiamo al mondo della "scienza", di solito immaginiamo un tipo di sapere estremamente formalizzato cui attingono figure specialistiche e specializzate, dotate di complicate competenze tecniche decisamente non comuni. Sebbene questo tipo di visione sia difficilmente contestabile, nel senso che è molto difficile immaginare un'attività scientifica che non sia specialistica, bisogna sfatare il tabù per il quale solo i professori universitari possano svolgere ricerca autentica. Per appoggiare la mia tesi vi proporrò due esempi, il primo riferentesi ad una figura a noi cronologicamente lontana, il secondo decisamente più vicino alla nostra realtà storico-culturale.

PIERRE DE FERMAT: il "principe dei dilettanti"



Il suo nome è legato ad uno degli enigmi più avvincenti della matematica moderna, l'"ultimo teorema di Fermat", eppure è sorprendente constatare come Fermat fosse un vero e proprio dilettante della matematica.
Nato non lontano da Tolosa nel 1601, studiò legge e divenne avvocato. Nonostante l'attività lavorativa lo impegnasse molto, nel tempo libero amava occuparsi di letteratura e di matematica. I suoi studi hanno talmente influenzato la matematica moderna che Fermat è stato a ragione soprannominato il "principe dei dilettanti".
Come detto, uno dei grandi enigmi della matematica moderna, l'"ultimo teorema di Fermat" (per molto tempo "congettura di Fermat", dato che non è stato risolto per 300 anni!), venne introdotto proprio da questo disinteressato cultore della matematica. La congettura viene così enunciata

"Non esistono soluzioni intere positive all'equazione
an+ bn= cn

se n>2."
Formulata nel 1637, la congettura rimase indimostrata sino al 1995, anno in cui il matematico Andrew Wiles, con l'aiuto del suo allievo Richard Taylor, pubblicò la dimostrazione del teorema sulla rivista Annals of mathematics.

NOAM CHOMSKY: un dilettante rispettato


Immaginare la figura di Chomsky come quella di un dilettante è a ragione piuttosto aberrante. In
effetti in questo caso non mi riferisco alla sua attività di linguista, giacché egli è un linguista per formazione e per professione, ma piuttosto alle sue conoscenza matematiche. Se si è entrati a contatto anche in maniera superficiale con un qualche libro del linguista americano concernente le grammatiche generativo-trasformazionali, infatti, si avrà notato come la formalizzazione matematica
è uno degli ingredienti principali dell'esposizione teorica chomskiana. Se ci si chiedesse dunque quale sia la formazione matematica di Chomsky, ecco la sua risposta:
"Nella mia attività professionale sono entrato in contatto con una varietà di campi differenti. Ho lavorato nel campo della linguistica matematica, ad esempio, senza avere competenze professionali in matematica; in questo campo sono completamente auto-didatta, e nemmeno ad un alto livello. Ma sono stato spesso invitato dalle università per parlare di linguistica matematica a seminari e colloqui matematici. Nessuno mi ha mai chiesto se avessi le competenze certificate per parlare di questa disciplina; ai matematici non importava granché. Ciò che vogliono sapere è quello che ho da dire. Nessuno ha mai obiettato al mio diritto di parlare, chiedendo se io abbia una laurea in matematica, ho se abbia frequentato corsi avanzati sulla disciplina. Non gli passa neanche per la mente. Vogliono sapere se dico cose giuste o sbagliate, se la materia è interessante o no, se siano possibili migliori approcci... La discussione riguarda la materia, non il mio diritto di parlarne.
Ma d'altra parte, nelle discussioni e nei dibattiti concernenti problemi sociali o la politica estera americana, il problema è costantemente sollevato, spesso in modo avvelenato. Mi è stato 
ripetutamente chiesto, o addirittura sono stato contestato sul piano delle qualifiche, quali speciali competenze avessi per avere il diritto di parlare di queste cose. L'assunto è che le persone come me, che sono estranee a un punto di vista professionale, non siano autorizzate a parlare di cose come queste.
Metti a confronto la matematica e le scienze politiche... E' piuttosto impressionante. In matematica, in fisica, la gente si concentra su quello che dici, non sulle le tue qualifiche. Ma per parlare dell'attualità, devi avere le qualifiche adatte, specie se ti allontani dal modo di pensare generalmente accettato. In generale, sembra giusto dire che più la sostanza intellettuale in un determinato campo è ricca, tanto meno vi è la preoccupazione per le qualifiche, e maggiore è la preoccupazione per il contenuto."

CONCLUSIONE
Dopo questi due illustri esempi di autentici intellettuali, la mia conclusione è la seguente: penso che ogni uomo di intelletto, o aspirante tale, dovrebbe condurre le proprie riflessioni indipendentemente  dal fatto di poter accumulare titoli e onorificenze. Così come un titolo di laurea non ci designa come possessori di una qualche trascendentale forma di conoscenza in grado di giudicare i grandi fatti dell'universo, allo stesso modo il non avere un titolo culturale specifico non preclude a nessuno la possibilità di svolgere attività di ricerca culturale e scientifica. Insomma, chiunque siate e qualunque cosa facciate nella vita, ognuno di voi domani potrebbe cambiare il mondo!

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