Martin Luther King e la Rivoluzione Gentile

Il seguente è un'estratto del saggio che ho composto. In fondo il link per scaricare il saggio integrale:

Introduzione

L’impegno e gli sforzi di Martin Luther King nella lotta al segregazionismo ancora imperante negli Stati Uniti fra gli anni ’50 e ’60 trovano il loro fondamento, teorico e pratico, in quella filosofia della non-violenza che, da David Thoreau (1)  a Gandhi (2) , passando per Richard Gregg (3) , aveva manifestato quindi grandi potenzialità ed espresso la sua efficacia come strumento politico di rivalsa degli oppressi. Questa filosofia, dell’opera attivistica del King costituiscono il fondamento e non il nucleo pulsante giacché, come vedremo, egli vi infonde elementi originali e spinte innovative che rendono pienamente giustificabile parlare di M.L. King come di un rivoluzionario. (Ma questa rivoluzione è priva di quei connotati che in genere spaventano chi persegue l’obiettivo di una società libera e giusta).

Contesto storico-sociale

Il 5 dicembre del 1955 erano passati quasi cent’anni dall'emanazione di quel Proclama di emancipazione (4) che aveva aperto la strada alla fine della schiavitù dei neri nel Sud. Nonostante ciò, i neri erano ancora trattati da schiavi. Non potevano entrare nei locali dei bianchi, non potevano abitare loro vicini; se una donna bianca passava per la strada, non potevano nemmeno rivolgerle lo sguardo; se erano su un autobus con i bianchi, dovevano cedere loro il posto, e restare in piedi anche per chilometri.
La National Association for the Advancemente of Colored People (NAACP) deliberò un boicottaggio generale dei neri nei confronti della Montgomery City Linee, negli autobus della cui ditta si erano verificati ripetuti episodi di intolleranza culminati nell'arresto di Rosa Parks, una ragazzina che si era rifiutata di cedere il proprio posto a un bianco e che per questo era stata arrestata. Gli attivisti intendevano dunque convincere i neri di Montgomery a non salire sugli autobus di quella ditta per le successive 24 ore, riducendone praticamente all'osso i guadagni, dal momento che erano moltissimi i neri che usufruivano di quel servizio di trasporto. La manovra funzionò: per i 382 giorni successivi gli arancioni autobus della Montgomery City Linee circolarono praticamente vuoti, dal momento che i principali fruitori di quei mezzi di trasporto erano proprio i neri di Montgomery.
Questa manovra ottenne che, il 19 giugno 1956, la Corte Distrettuale rese illegale la segregazione all'interno degli autobus; questa sentenza sarebbe stata successivamente confermata dalla Corte Suprema.

L’attivismo non-violento

Tra 1955 al 1968 il movimento di King adotta diverse strategie di lotta non-violenta:
Boicottaggio
Sit-in e marce della pace
Incontri con le autorità e discussione di leggi favorevoli all'integrazione e della difesa dei diritti dei cittadini afro-americani

Quella del boicottaggio è sicuramente una delle forme di protesta più antiche: non rappresenta nulla di innovativo in questo senso. Sicuramente però è da evidenziare la grande efficienza con cui veniva messo in atto e soprattutto la sua natura non-violenta.
Il sit-in , invece, è l’atto col quale ci si side in una postazione “non autorizzata”: in questo caso i neri, nel corso delle loro marce, entravano nei locali cui non era loro concesso l’ingresso e vi prendevano posto permanentemente, nonostante gli insulti e le minacce dei bianchi. E’ l’espressione più alta della resistenza passiva, che si attua rifiutandosi di collaborare col potere, pur senza l’utilizzo di tecniche offensive. Anche in questo caso, si tratta di una preziosa eredità, quella di Gandhi (5) e della sua lotta , riadattata al contesto americano.
Le marce della pace furono quelle che accompagnarono tutta l’attività di King e ne rappresentano forse il nucleo. Con esse i contestatori si spostavano lungo grandi percorsi nel Sud, sfilando davanti ai razzisti e alle autorità: ma non erano passeggiate a cuor leggero. Spesso si concludevano con veri e propri massacri: i poliziotti, anche a cavallo, muniti di manganello, inseguivano e aggredivano i membri del corteo, incitati da donne e uomini bianchi. Si tratta di una forma di protesta estremamente efficace, per il grande numero di persone che vi prendevano parte: le marce raccoglievano, oltre agli attivisti neri, numerosi bianchi sostenitori della causa de-segregazionista.
Era evidente, però, che boicottaggi, sit – in e marce non potevano risolvere il problema, casomai potevano renderlo evidente, porlo sotto gli occhi di tutti. Per cambiare davvero le cose occorreva una reale proposta organica sottoscritta dal popolo afro – americano, da elaborare nonostante la dualità di fondo che si stava sviluppando nel movimento generale di protesta: molti si erano infatti “convertiti” alla causa di Malcolm X, il quale, sotto il grido «Freedom now», rifiutava il gradualismo di King e interpretava la dialettica neri – bianchi in chiave di lotta di classe che avrebbe dovuto concludersi con la vittoria nera ottenuta anche con la forza. Questa prospettiva ottenne sul momento immediato successo, anche se sarebbe stata infine abbandonata dallo stesso Malcolm X. Eppure i maggiori successi sarebbero stati ottenuti proprio da King. Egli, infatti, col suo atteggiamento “progressista” , democratico e non – violento, non solo acquisiva dalla propria parte i bianchi favorevoli all'integrazione e anti – razzisti, ma poteva intavolare reali trattative con le istituzioni stesse, compreso il Presidente in persona. Grazie al proprio impegno politico, King ebbe l’opportunità di confrontarsi dapprima coi fratelli Kennedy, e successivamente con Lyndon Johnson. Il dialogo instaurato tra King e l’esecutivo avrebbe permesso l’approvazione di leggi che si opponevano alla segregazione non solo in teoria, ma anche nella pratica: il 1964 vide infatti l’approvazione del Civil Rights Bill.
L’anno successivo vide la luce un altro provvedimento a favore dei neri: il Voting Act. Esso aboliva tutti i cavilli escogitati dai segregazionisti per impedire l’iscrizione dei negri nei registri elettorali.
Erano stati, questi, grandi passi in avanti per la protesta nera. Eppure King era consapevole che tutto ciò non sarebbe ancora bastato perché, anche se sulla carta ora i neri si vedevano concessi i diritti per vivere pacificamente in società, nella pratica le possibilità per molti di godere di quei diritti erano pressoché nulle: vi era ancora troppa gente costretta a vivere nei bassifondi e nelle baracche, troppa che non poteva permettersi un’istruzione adeguata e di conseguenza nemmeno ottenere la possibilità di votare.
Da questo momento in poi, dunque, l’attivismo di King avrebbe acquisito un più evidente contenuto politico. Si trattava infatti, da questo momento in poi, di insistere affinché venissero approvati piani tutelari non solo per i neri, ma più in generale per tutte le classi popolari. Si era giustamente giunti alla conclusione che il processo di emancipazione deve essere sostenuto da una reale crescita economica, culturale e sociale. Ma era forse un traguardo troppo ambizioso, troppo ottimista per un’America che avrebbe ucciso, nell'arco di appena 5 anni, John e Robert Kennedy (rispettivamente, 1963 e 1968) e alfine, lo stesso King (4 aprile 1968).

Attualità del pensiero politico di King

Pur se strozzata al punto di massimo sviluppo etico e politico, l’attività di King ha tuttavia presentato una serie di strategie e di concetti molto validi nel panorama della disobbedienza civile. Essa si basa su un connubio essenziale tra resistenza ostinata e pacifismo, tra progressismo politico e affermazione della democrazia. Ho soprannominato quella di King una “Rivoluzione Gentile” (con l’aggettivo “gentile” inteso in senso etimologico: “nobile, elevata” (6) ) per questi motivi: è una forza potentissima eppure pacifica, in grado di trasformare lo stato dall'interno. E’ una diversa rilettura del termine rivoluzione. Dove in genere in essa si scorge la lotta di classe, la violenza, il caos, il sovvertimento di un’intera società, solo per sostituirvi un regime più dispotico, un’idolatria del nuovo Stato, si afferma un nuovo tipo di ribellione. Una ribellione che rispetta l’individuo e la sua libertà, ne rispetta la dignità, conferendogli il potere di cambiare le cose all'interno di una democrazia pura, perché basata sulla capacità di associazione  e di attività diretta entro la societas politica. E’ una rivoluzione che respinge il boia e il forcone, ma valorizza il rifiuto morale e il dialogo. Il primo come mezzo di resistenza ostinata alle leggi ingiuste, il secondo come mezzo principale per instaurare un rapporto costruttivo tra le parti. Questa rivoluzione gentile dunque si articola secondo una dialettica descritta dal seguente schema:

Fase 1: Situazione di “ingiustizia istituzionalizzata”

Fase 2: Disobbedienza civile: rifiuto di sottomettersi all'autorità (Resistenza passiva e lotta non-violenta)

Fase 3: Ostinazione: la rivoluzione gentile raggiunge il suo culmine. Gode della massima visibilità sociale e costringe la parte opposta ad aprirsi alle istanze progressive.

Fase 4: Dialogo costruttivo: i ribelli sottopongo delle condizioni senza la cui soddisfazione la rivolta non cesserà.
Esiti alternativi:
a)Le condizioni vengono accettate ==>> si passa alla Fase 5.
b)Le condizioni non vengono accettate ==>> si torna alla Fase 3.

Fase 5: Realizzazione concreta: Le decisioni prese vengono attuate immediatamente.
E’ un modello estremamente flessibile, in grado di accogliere le istanze politiche più diverse: liberali, democratici, socialisti, anarchici; a patto che tutti questi stabiliscano un obiettivo comune da raggiungere senza l’uso della violenza fisica e senza scardinare i principi democratici fondamentali.

C’è ovviamente da notare che quello descritto sopra non è necessariamente un modello di rivoluzione politica totale, ovvero non ha necessariamente lo scopo di sovvertire l’intera forma dello stato, ma può attuarsi anche per battaglie più specifiche: i diritti civili, l’approvazione di una legge o la sua abrogazione, etc.

E’ un modello non nuovo, eppure sempre attuale, e nonostante ciò non tenuto debitamente in considerazione nelle società occidentali. Bisogna riappropriarsene e riproporlo, mettendo definitivamente da parte fascismi, comunismi e rivoluzioni violente. 

Note

(1) Henry David Thoreau, Disobbedienza civile (1849); sebbene questo saggio non menzioni direttamente la non-violenza, Thoreau può essere ritenuto un vero precursore dei movimenti di protesta pacifica del XX secolo.
(2) 
Mohandas Karamchand Gandhi (Mahatma), Teoria e pratica della non-violenza  
(3) Richard Gregg, The Power of Non-Violence (1960) (4) Il Proclama era infatti stato emanato il 22 settembre del 1862, durante il mandato del presidente Abraham Lincoln (1809 – 1865)
(5) 
Mohandas Karamchand Gandhi (Mahatma), op.cit.
(6) Vedi: 
http://www.treccani.it/vocabolario/gentile1/


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