Lezioni di letteratura italiana: Lezione 0 - Cos'è e come si studia la letteratura

Avere a che fare con la letteratura oramai è diventata esperienza quotidiana. c'è chi la studia, chi la odia, chi la fa. Nonostante ciò, sapremmo dire che cosa si intende per letteratura? E' una domanda senz'altro problematica, a cui non è facile dare una risposta univoca. Proveremo a rispondere tenendo in considerazioni le varie "scuole di pensiero" formatisi in merito alla questione.

Che cos'è la letteratura? Un enigma non del tutto risolto
Il termine letteratura deriva dal latino litteratura da littera, "lettera". Inizialmente con questo termine si usava indicare tutto ciò che fosse stato scritto "fisicamente". Più tardi, dal I secolo d.C., assunse un termine più specifico, riferendosi all'insegnamento della lingua ( e coincidendo dunque con ciò che all'epoca i romani chiamavano grammatica e i greci grammatikè technè).
Con Quintiliano, letteratura iniziò ad essere usato per indicare tutte le tecniche dello scrivere e del sapere.
 Sebbene oggi si possa incontrare il termine letteratura anche applicato secondo quest'ultima accezione (quando ci si riferisce, ad esempio, alla letteratura giuridica, letteratura scientifica, ecc.), oggi quando ci riferiamo ad essa generalmente intendiamo un vasto insieme di informazioni, organizzato secondo criteri storici e filologici, che associano le opere letterarie (intese come produzioni artistiche) a determinati autori oppure a certe epoche storiche (qualora l'autore non sia noto).
E' evidente dunque che la nozione di letteratura non è più così generalista. Probabilmente siamo tutti d'accordo nell'affermare che non tutto ciò che è scritto è letteratura; eppure affrontare il problema opposto, ovvero quali requisiti debba avere uno scritto per essere considerato un' "opera letteraria" non è così semplice. Non tenteremo di stabilire quali criteri vengono utilizzati per stabilire cosa sia o non sia letteratura. Mi limiterò, piuttosto, a riprendere una citazione di Asor Rosa ( critico letterario, n.1933): «non tutto ciò che è scritto è letteratura; per diventarlo, un testo scritto dev'essere mosso da un'intenzionalità precisa e da una conseguente logica strutturante» ( da Letteratura, testo, società ). E' senz'altro una nozione da tener presente. Eppure c'è da sottolineare che, tra il lavoro dello scrittore e i futuri lettori, c'è un intermediario che stabilisce quali debbano essere, se ci saranno, i rapporti tra il primo e i secondi. L'intermediario comprende idealmente un'intera società, anche se le tradizioni letterarie vengono spesso anche stabilite "a tavolino" dagli specialisti, da un' elite insomma, la quale presiede anche ai processi di assimilazione e riproposizione della letteratura. Ciò che dunque stabilisce se uno scritto diventerà letterario o meno non è totalmente insito alla produzione artistica in sé, ma passa per una serie di valori e di criteri stabiliti "dal di fuori". Ecco perché, dunque, può capitare che per decenni o per secoli un dato corpus di scritti non venga considerato letteratura, o, al contrario, che una produzione un tempo considerata letteraria non goda più di un tale status.

Come si studia la letteratura
Quando si parla dello studio della letteratura, di solito si immaginano due distinti scenari: l'uno secondo il quale studiare la letteratura significa semplicemente "dare libero sfogo alle proprie impressioni interiori riguardo ad una data tematica" e può ridursi alla domanda "cosa ti suscita questo testo/poesia?", l'altro è un approccio meccanico, ripetitivo, secondo il quale la letteratura va spiegata, appresa, e ripetuta in un modo univoco che è quello stabilito dall'insegnante. Superfluo dire che ritengo questi approcci entrambi sbagliati e, peggio ancora, decisamente deterrenti ai fini didattici. Il primo cerca di porre chi studia la letteratura in una posizione di estrema agiatezza e spensieratezza, come a dire che per parlare di letteratura non ci vuole poi così tanto. Il secondo porta alla morte della riflessione, della critica e dell'interiorizzazione, perché spezza quel prezioso, nonché necessario, flusso che procede dal testo al lettore e viceversa.
Meglio dunque scansare fin da subito gli equivoci e dire come stanno le cose: studiare la letteratura non è un'attività semplice, men che meno spensierata. Essa richiede un insieme di risorse sviluppate ad un buon livello: competenza linguistica, flessibilità mentale, capacità argomentativa e ragionativa, comprensione dei fenomeni storico-economici e politico-sociali, e, non ultima, un alto grado di capacità di introspezione e di relazione con gli altri. Lo sviluppo di tutte queste capacità, dunque, rende privi di valore sia il primo sia il secondo approccio, e per motivi evidenti: il primo, quello "sentimentale", per strutturale inconsistenza; il secondo, quello "ciclico", perché non offre mai nuovi stimoli.
Ciò che dunque si stabilisce fin da ora è la necessità di un metodo: il metodo non è un metro fisso e immutabile sul quale si bassa l'attività di apprendimento, ma è altamente variabile a seconda dell'insegnante e dei discenti.
Se volessimo comunque tracciare uno schema generale, un'"ordine" che possa indicarci da dove iniziare e dove andare a parare, potremmo organizzarlo così:

  • Contesto storico-sociale
  • Contesto letterario
  • Nota biografica
  • Bibliografia principale
  • Lettura, analisi e commento del testo
  • Lettura critica e critica del testo
Analizziamo dunque quest'ordine, cercando di spiegarlo: quando si introduce un argomento di storia della letteratura, bisognerebbe partire chiarendo fin da subito le coordinate storiche, culturali e sociali in cui una data forma biografica e letteraria si è espressa. Per fare un esempio pratico, consideriamo come argomento di letteratura Leopardi: non potremmo iniziare a parlare direttamente dell'Autore senza prima aver stabilito l'epoca in cui si colloca la vicenda biografica leopardiana. Non si tratta solo di stabilire data di nascita, di morte e periodo storico, ma anche di stabilire quali influenze hanno accompagnato lo svolgersi della poetica leopardiana. Potremmo partire, ad esempio, facendo riferimento all'Illuminismo, italiano e internazionale, o ai primi sviluppi del Romanticismo e alle prime tendenze pre-romantiche, alla situazione storico-politica italiana e europea del tempo.
Il secondo punto da sviluppare è certamente legato al primo e ne rappresenta, per così dire, l'estensione: si parlerà dunque delle maggiori tendenze letterarie e anche filosofiche dell'epoca trattata, con riferimento ad opere e ad autori correlati e, ovviamente, ai principali dibattiti culturali del tempo.
Una volta conclusa la contestualizzazione storico-sociale e letteraria, si introduce la vicenda biografica dell'autore. Questa dovrà essere descritta in maniera essenziale, rilevando gli aspetti principali e senza entrare troppo nel dettaglio. Penso infatti che eventuali riferimenti biografici possano acquisire una certa rilevanza solo una volta entrati a contatto con l'opera o il testo specifici.
Quando si tratta di citare la bibliografia di un autore, bisogna far riferimento alle sue opere principali, anche magari a quelle che non verranno analizzate nello specifico, per dare un'idea quantomeno "quantitativa" della sua produzione letteraria.
Una volta acquisita una certa consapevolezza delle opere principali dell'autore, è doverosa la lettura di alcuni brani scelti: di questi si dovrà fare un'analisi il più completa possibile, mettendone in evidenza il contenuto generale, lo stile, la struttura, il posto che l'estratto occupa nell'opera presa in considerazione.
L'ultimo gradino si articola in due attività consecutive: prima la lettura di estratti da saggi critici, poi la composizione di una rilettura personale. Sono queste attività quasi sempre trascurate eppure importantissime: servono a sviluppare senso critico, appunto, e capacità argomentativa e di ragionamento, oltre che offrire un mezzo per migliorare le proprie capacità di scrittura ed espositive.

Il fine di questa metodologia non è quella di creare "piccoli critici", ovvero di trasformare l'attività didattica in una specializzazione precoce, ma piuttosto per fornire al discente un metodo che possa poi essere esteso all'attività didattica vera e propria, oltre che permettergli di sviluppare un reale interesse nei confronti delle discipline letterarie.

Aldilà di questo schema generale, che non si può pretendere di porre in essere sempre e non allo stesso modo, ciò che conta più di ogni altra cosa è che chi studi letteratura lo faccia personalmente. Cosa intendo dire? Intendo dire che tutti gli argomenti trattati dovrebbero essere intimamente accolti e fatti propri, e poi rielaborati secondi punti di vista personali, siano questi originali o meno. Non che lo studente debba "inventarsi la letteratura", caso dovrebbe "inventare il modo di riflettere sulla letteratura". Una volta acquisiti i contenuti, infatti, non è forse piuttosto sterile che lo studente li ripeta così come li ha letti e sentiti? Non è un'utile esercizio, oltre che un'arricchimento culturale, che egli faccia proprio un argomento e sia in grado di analizzarlo da più punti di vista facendo discorsi più ampi e articolati. In ciò. voglio chiarirlo, non vi è nessun intento elitario. Nessuno vorrebbe che nella propria classe si creasse un piccolo gruppo di eccellenti e una maggioranza di "comuni mortali". Casomai, si da a tutti la possibilità di "fare un passo in più" rispetto ai risultati a cui giunge il tradizionale modo di studiare la letteratura.

Si tratta di un processo complesso, non riducibile di certo entro le coordinate qui tracciate. Spero tuttavia, che le mie lezioni possano, se non porre il lettore su questa strada, se non vi è già, almeno renderlo consapevole che un reale processo di educazione "extra-istituzionale" esiste ed è alla portata di tutti.

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