Anarchismo e lotta di classe

La nascita dei movimenti di lotta e di rivendicazione sociale nella prima metà del XIX secolo ha dato origine, oltre a diverse ideologie politiche (che comprendono, in generale, tre grandi gruppi: socialismo, comunismo e anarchismo), ad un concetto destinato a generare diversi dibattiti nello sviluppo del pensiero filosofico-politico: la lotta di classe. A livello generale, questa concezione tende a contrapporre due grandi gruppi all'interno della società: gli sfruttatori, che dominano sul sistema sociale e lo controllano sia dal punto di vista economico sia da quello ideologico-culturale, e gli sfruttati, i quali invece "subiscono" tale sistema, incapaci di reagire per mancanza di risorse materiali e intellettuali adeguate per rovesciare lo status quo. Si noti bene che qui non si è fatta la canonica distinzione tra borghesia e proletariato perché questa terminologia è tipica della dialettica marxista e dunque è specifica di una concezione filosofico-politica (quella comunista di corrente appunto marxista) che non viene sempre accettata dalle altre concezioni di sinistra.
Come si vede, quello della lotta di classe è un concetto generico in un certo qual senso, che rileva una contrapposizione all'interno di una situazione sociale "ingiusta"; ma non solo questo, in realtà. Dacché si sta parlando di una lotta, appunto, si sta affermando l'esistenza di una situazione conflittuale. Questa situazione non è dunque frutto solamente di una contrapposizione in qualche modo "naturale", ma scaturisce da due distinte volontà tra loro inconciliabili: da una parte la classe dominante insiste per mantenere i propri privilegi, dall'altra la classe subalterna preme per abbattere il sistema di valori e condizioni socio-economico-culturali dai quali scaturisce la propria condizione sottomessa (quel sistema viene solitamente indicato come lo Stato).
Questa situazione conflittuale permane dunque fin quando i sottomessi non abbattono lo Stato.
Una volta definito il concetto di lotta di classe, notiamo però che, così come è stato strutturato, questo schema è affatto "vuoto" o privo di connotazione. Sappiamo che esiste una situazione conflittuale ma non ne conosciamo, per così dire, gli attori specifici. E' a questo punto che ogni differente concezione politica connota questo schema secondo la propria visione.
Per il marxismo, come abbiamo detto, la lotta è tra proletariato e borghesia: i primi sono i lavoratori salariati industriali, i secondi i detentori del capitale.
Così come il marxismo "tradizionale" individua due attori specifici nella lotta di classe, in altre ideologie solo parzialmente ispirate al marxismo (il marxismo-leninismo o il maoismo, solo per citarne due) o del tutto distinte dalla visione di Marx i protagonisti della lotta di classe vengono individuati in altri gruppi di soggetti (contadini contra proprietari terrieri, sottoproletariato contra piccola/media borghesia, borghesia contra aristocrazia, e così di seguito).
Ciò che però tratteremo nello specifico è la relazione tra l'anarchismo (che si noti bene, anche se denominato singolarmente raccoglie una varietà di indirizzi teorico-attuativi assai differenziati) e la lotta di classe. Gli anarchici, in generale, accolgono la lotta di classe come interpretazione corretta della società? Se sì, quali correnti anarchiche nello specifico si avvalgono del concetto di lotta di classe per dare una giustificazione autentica alla necessità di una rivoluzione?
Come abbiamo visto, anarchici, socialisti e comunisti sono accomunati da una stessa finalità teorica: abbattere lo Stato (borghese).

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La definitiva rottura tra socialisti e anarchici avvenne durante il IV congresso della Seconda Internazionale (1896), dalla quale gli anarchici vennero espulsi


Considerando ora l'anarchismo, non possiamo far altro che prendere in analisi le correnti
maggioritarie del pensiero anarchico, e verificare quali di queste ammettano la lotta di classe:
- Anarchismo delle origini (Proudhon, Malatesta e Bakunin): Il concetto di lotta di classe viene accolto, ma con delle differenze rispetto a quello prospettato da Marx. La classe rivoluzionaria non è costituita unicamente dal proletariato industriale, ma comprende altresì il ceto contadino ed altri gruppi che afferiscono alla classe popolare. Quella prospettata da Bakunin è una rivoluzione di matrice popolare: viene scatenata dal popolo intero ed è finalizzata all'abbattimento immediato dello Stato (differentemente dalla visione marxista che prevedeva una fase transitoria tra la rivoluzione e l'abbattimento dello Stato, la cosiddetta dittatura del proletariato).
- Anarco-individualismo stirneriano (Max Stirner e altri): La rivoluzione è individuale ed egoistica. E' l'individuo, e non la classe sociale, che deve ribellarsi all'autorità e ricercare il massimo grado libertà esclusivamente per sé. Di conseguenza la lotta di classe viene totalmente respinta, in quanto ostacolo ineliminabile alla libertà del singolo, il quale cerca prevalere anche a danno altrui.
- Anarco-capitalismo ( Murray Rothbard): E' una sottocorrente dell'anarco-individualismo, ma privo della connotazione egoistica di Stirner. Permane come obiettivo finale l'abbattimento dello Stato, ma l'instaurazione del nuovo ordine dovrà basarsi su una società priva di tassazione, in cui ogni servizio venga assicurato dai privati tramite spesa volontaria. La lotta di classe non viene accolta in questo caso, perché l'istanza rivoluzionaria non appartiene a una classe sociale specifica.

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Noam Chomsky, linguista e filosofo americano, è uno dei principali sostenitori teorici dell'anarco-sindacalismo.

Sebbene esistano diverse altre correnti all'interno dell'anarchismo (come l'anarco-sindacalismo, che coniuga le idee libertarie con le istanze degli operai), si può dire che ognuna di esse si appoggi ad una tendenza incorporata in ognuna delle tre correnti maggioritarie (rispettivamente il collettivismo bakuniniano, l'egoismo stirneriano e il liberismo di Rothbard). Il rapporto tra l'anarchismo e la lotta di classe si risolve dunque in una triplice considerazione:
1) Gli anarchici collettivisti riconoscono la lotta di classe, ma generalmente non la considerano una contrapposizione tra borghesia e proletariato, quanto piuttosto una tra una classe dirigente che presiede al controllo sociale sotto svariati punti di vista ( costituita da politici, capitalisti, intellettuali e militari) e una moltitudine di sottomessi (non solo proletari, ma anche borghesi, contadini, ecc.).
2)Gli anarchici individual-egoisti non riconosco alla lotta di classe alcun ruolo nel processo rivoluzionario, che viene portato avanti dal singolo. Non dunque due classi contrapposte, ma un individuo che si contrappone all'autorità statale.
3)Gli anarchici liberisti conservano la matrice individualista, non riconoscendo la validità del conflitto di classe. A differenza degli individual-egoisti, però, non vi è un unico protagonista nel processo che porterà all'abbattimento dello Stato, ma piuttosto una pluralità di singoli i quali, ognuno per proprio conto, contribuisce all'instaurazione di una nuova società in cui l'istanza individuale non è limitata da alcuna autorità esterna. Il mezzo per attuare la rivoluzione non è dunque la prevaricazione sugli altri, ma la ricerca di uno spazio di espressione socio-economica esterno a quello statale.

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