Il Paradosso di Russell

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Quello che va sotto il nome di "Paradosso di Russell" è uno dei tasselli più importanti e più interessanti della riflessione logico-filosofica della storia del pensiero.
Sebbene esso fosse stato esposto, sotto diversa forma, già durante l'Antichità e il Medio Evo, fu nel 1901, quando il matematico e filosofo britannico Bertrand Russell lo formulò, che ci si rese conto di quanto fosse problematico per la logica e la filosofia del linguaggio.

 Formulazione matematica
In termini matematici, per giungere al paradosso di Russell si può fare riferimento alla Teoria degli insiemi. Esistono, ad esempio, insiemi che non godono della proprietà degli elementi che contengono: l'insieme delle donne non è esso stesso una donna. Ma esistono anche insiemi che godono di questa proprietà: l'insieme di tutti gli insiemi, ad esempio. Gli insiemi, dunque, possono essere divisi in queste due categorie: insiemi che godono della proprietà degli elementi che contengono ed insiemi che non godono della proprietà degli elementi che contengono.
Tuttavia, Russell si rese conto che una tale suddivisione non è esaustiva. Sorprendentemente, esistono insiemi che non possono essere compresi né nell'una né nell'altra categoria. Si prenda 'l'insieme degli insiemi che non contengono se stessi'. Questo insieme contiene o non contiene se stesso? Se contiene se stesso, allora non contiene se stesso; se non contiene se stesso, allora contiene se stesso. La contraddizione è evidente.


Formulazione semantica
Da un punto di vista semantico, il problema sopra esposto può essere posto in questi termini.
Esistono aggettivi che godono della proprietà che descrivono (aggettivi autologici) e altri che non hanno tale proprietà (aggettivi eterologici): l'aggettivo rosso non gode della proprietà che descrive, mentre l'aggettivo astratto gode della proprietà che descrive.
Ma l'aggettivo eterologico è, rispetto a se stesso, autologico eterologico? La dinamica è analoga a quella realizzatasi sopra: se è autologico, allora è eterologico; se è eterologico, allora è autologico.


Formulazione pragmatica
Un'altra formulazione di questo paradosso va sotto il nome di "Paradosso del barbiere" e può essere esplicitata in questi termini:"Il barbiere del villaggio rade tutti coloro che non si radono da soli. Il barbiere si rade o non si rade da solo?" Anche in questo caso la risposta genera contraddizione, poiché "se si rade da solo, allora non si rade" mentre "se non si rade da solo, allora si rade". Come può il barbiere radersi e non radersi allo stesso tempo?


La soluzione di Russell
Bertrand Russell, che, scoprendo, o meglio riscoprendo il paradosso , mise in crisi l'intero programma di basare la matematica sulla logica (programma che Frege era convinto di aver portato a termine). Fu per questo che lo stesso Russell si impegnò a fondo per trovare una via d'uscita dal vicolo cieco a cui il paradosso portava.
Nel 1910 egli rese nota, con la pubblicazione dei Principia Mathematica (che scrisse a quattro mani con Alfred North Whitehead), la teoria dei tipi. Questa dava una soluzione del paradosso, che tuttavia non sarebbe stata accettata da molti logici e matematici.

Riprendiamo la formulazione semantica del paradosso: possiamo, secondo Russell, creare una "gerarchia aggettivale". Gli aggettivi di tipo 1 (come rosso, veemente, astratto) sono situati al primo livello. Aggettivi come autologico e eterologico sono di tipo 2, si trovano quindi a un livello superiore rispetto a quelli di tipo 1. Così, continua Russell, mentre ci si può legittimamente chiedere se gli aggettivi di tipo 2 si applichino a quelli di tipo 1 (ovvero in considerazioni del tipo "rosso è un aggettivo eterologico"), non ha senso chiedersi se gli aggettivi di tipo 2 godano della proprietà che essi stessi esprimono. Gli aggettivi dell'tipo n possono applicarsi solo agli aggettivi del tipo n-1, e mai a se stessi.
Questa soluzione sembrò convincere Russell,che ne fu entusiasta. Ma molti sostenevano, e ancor oggi molti sostengono, che questa soluzione, più che risolvere il paradosso, lo evita.


La gerarchia cumulativa degli insiemi
Un approccio considerato più elegante e più naturale è quello contenuto nel sistema di assiomi di Ernst Zermelo, ripreso e rielaborato in seguito di Adolf Abraham Fraenkel.
Consideriamo un individuo come qualsiasi cosa che non è un insieme. Allora possiamo costruire la seguente gerarchia:


Stadio 0 ... insiemi di individui
Stadio 1 ... insiemi i cui elementi sono individui o insiemi dello Stadio 0
Stadio 2 ... insiemi i cui elementi sono individui o insiemi dello Stadio 0 o insiemi dello Stadio 1
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Stadio n ... insiemi i cui elementi sono individui o insiemi dello Stadio 0 o insiemi dello Stadio 1 ... o insiemi dello Stadio n-1



Così facendo non si otterrà mai un insieme che contenga se stesso, e quindi mai l'insieme di tutti gli insiemi e mai l'insieme di tutti gli insiemi che non sono elementi di se stesso. 

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