La morte delle ideologie?

La trasformazione dei sistemi socio-politici recenti ha portato molti a decretare oramai morte e 'da seppellire' le ideologie che fanno riferimento ad una contrapposizione Destra-Sinistra. Le motivazioni che giustificano tale posizione sono di diverso tipo: da una parte, le generazioni "più anziane" tendono ad un atteggiamento di ripiego e di rifiuto per quelle ideologie che, un tempo gloriose e in grado di smuovere le masse con i loro messaggi etici e sociali, hanno rivelato la loro inadeguatezza e la loro incoerenza rispetto ai problemi che avrebbero voluto o dovuto risolvere; dall'altra, i giovani giudicano "vecchie, complesse e complicate" le riflessioni poste in essere dalle ideologie tradizionali e trovano molto difficile schierarsi nel 'vecchio scacchiere', ignorano o rifiutano di utilizzare denominazioni come "conservatore", "socialista" e "liberale", privandosi così facendo quantomeno della conoscenza di una tradizione storico-politica i cui contenuti sono ancora attinenti con la società di oggi.


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Ma le 'ideologie tradizionali' sono davvero così inadatte al contesto socio-politico-etico-economico attuale o possono essere recuperate, magari con qualche rielaborazione?

Anzitutto, è frustrante notare come il rifiuto dei giovani delle 'vecchie ideologie' sia dettato principalmente e quasi sempre da ignoranza. Ignoranza della storia in generale, della storia politica e dei partiti politici, dei principi basilari dell'etica e dell'economia. Essi non sono in grado di comprendere e far proprie le dottrine politiche tradizionali, perché semplicemente non le conoscono e non le capiscono. Non sono in grado, ad esempio, di dire che cosa distingua la visione economica di un conservatore rispetto a quella di un progressista. Ed è evidente che questa contrapposizione non è certo "superata", ma è anzi vitale ancora oggi. A causa di questa loro lacuna culturale, i giovani, che non intendono rimediare alla loro ignoranza, preferiscono non schierarsi e quindi predicano l'inutilità di discutere da posizioni "ideologizzate" e prediligono modalità di confronto più aperte e generaliste (e per questo anche banali, superficiali e inconcludenti).
A mio giudizio i giovani dovrebbero capire che discutere di politica non è facile, non è l'equivalente di una chiacchierata improvvisata al bar, ma richiede alcune conoscenze di base e un'attitudine alla discussione ragionevole e rispettosa. Ma questa conoscenza e questa attitudine vanno acquisite attraverso un processo di apprendimento che non è né breve, né facile. La conoscenza richiede fatica, e lo sviluppo di un'attitudine richiede buona volontà.

Rispetto invece ai "disillusi", la riflessione è diversa. Le delusioni sono difficili da accettare e da superare, ma non per questo devono oscurare la nostra visione. Ciò a cui le ideologie sono più legate ("genealogicamente",mi verrebbe da dire) non sono affatto i partiti che di quelle ideologie si fanno i più o meno fedeli rappresentanti, ma il flusso di idee, uomini e eventi che hanno dato vita alle tradizioni alla base delle ideologie. Ciò che bisogna fare è lavorare sulle idee, criticarle quando necessario e, se ancora valide, adattarle al contesto in cui ci si trova a pensare o ad agire. La politica non ammette platonismi, e, a parte i principi fondamentali che dovrebbero guidare l'etica di ogni essere umano, tutte le idee devono subire il processo che la Storia impone loro.

Tornando alla visione bipolare classica (anche se io preferisco uno schema più complesso, in cui tra gli estremi di destra e sinistra, ci sia un'ampio spazio tale da poter permettere una distinzione tra aree centrali più tendenti verso l'uno o l'altro estremo), questa ha il merito di porre al centro alcune delle tematiche più importanti del dibattito politico:
(a)politiche sociali
(b)politiche economiche
(c)visione del mondo
(d)visione dell'essere umano

le prime due tematiche riguardano la sfera prettamente 'politica', le ultime due invece la sfera 'etica'. E' chiaro che in ambito politico-sociale, i movimenti di destra siano legati a un livello di mobilità sociale il più ridotto possibile, contrariamente invece a quanto auspicato da quelli di sinistra; dal punto di vista economico, la destra è poco incline alla ridistribuzione della ricchezza e privilegia l'iniziativa economica privata, mentre la sinistra è profondamente egualitaria e mette in primo piano gli interessi e i bisogni del 'popolo'; per quanto riguarda la visione del mondo e dell'essere umano, in conseguenza degli atteggiamenti politici assunti, la destra è più 'individualista' e 'privatista', mentre la sinistra è decisamente 'collettivista' e 'statalista'.

Questa è una descrizione assolutamente basilare e inadeguata rispetto alla complessità del discorso, ma vorrei far notare come gli elementi coinvolti (ricchezza, uguaglianza, iniziativa privata) non sono affatto alieni dal contesto in cui oggi viviamo. Anzi, la redistribuzione della ricchezza e la contrapposizione economica Stato-cittadino sono problematiche talmente pregnanti da poter provocare irritazione in chi legge, in quanto queste problematiche risultano particolarmente scottanti.


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