L'etrusco: una lingua misteriosa?

Il popolo etrusco e la sua lingua sono da sempre considerati oggetti avvolti da un profondo mistero. Nonostante oggi le nostre conoscenze scientifiche siano molto avanzate sia sulla cultura etrusca sia sulla sua lingua, è imperante ancora oggi, anche talvolta nell'ambito accademico, una prospettiva che guarda agli etruschi e alla lingua etrusca come un oggetto di studio insondabile e da cui difficilmente si possono tratte delle conclusioni certe.
Questa prospettiva, nell'ambito di cui oggi mi occupo, è ben lontana dalla realtà dei fatti. Come vedremo, sull'etrusco oggi sappiamo moltissimo, così tanto che vedere questa lingua come un mistero è assolutamente ingiustificabile.

Etruschi: origini e cultura.
Se conosciamo bene la cultura (non solo materiale) degli etruschi, non si può dire lo stesso per la loro origine. Già gli antichi avevano difficoltà a spiegare da dove gli etruschi provenissero e come fossero arrivati nella loro sede storica. La storiografia antica è caratterizzata da due visioni contrapposte.
Il famoso storico greco Erodoto sosteneva che gli etruschi fossero originari della Lidia, in Asia minore, e che avessero raggiunto le coste del Mar Tirreno sotto la guida del loro condottiero, Tirreno (
Τυρρηνός): in greco gli etruschi vengono denominati proprio 'Tirreni' (Τυρρηνοί).
Al contrario, Dionigi di Alicarnasso, storico e retore greco vissuto sotto l'Impero romano, sosteneva l'autoctonia degli etruschi, sulla base della convinzione che essi, per lingua e cultura, non presentassero analogie o somiglianze con alcun popolo italico o mediterraneo.
Ancora oggi il dibattito non si è concluso. Ci sono in effetti elementi a favore dell'una e dell'altra ipotesi. La lingua etrusca rappresenta, in questo dibattito, un tassello importante.
In effetti, oggi la maggior parte dei linguisti è concorde nel ritenere l'etrusco una lingua non indoeuropea; il che non fa altro che confermare l'impressione di Dionigi di Alicarnasso. D'altra parte, però, non si può ignorare che qualche elemento in comune tra la cultura etrusca e le culture orientali possa essere intravisto. La prima fase dell'arte etrusca, denominata per l'appunto 'stile orientalizzante', mette in evidenze profonde influenze orientali sulla cultura materiale etrusca. Per di più, anche un dato di tipo linguistico non può essere ignorato. Mi riferisco alla stele rinvenuta nell'isola greca di Lemno: essa presenta una facies linguistica che secondo alcuni è molto affine a quella dell'etrusco. Se l'etrusco e il lemnio fossero davvero idiomi imparentati, si potrebbe utilizzare questo dato per supportare la tesi "migrazionista" di Erodoto.
Pur non potendo porre fine ad un dibattito ancora lungi dal terminare, mi sembra che oggi non ci siano elementi sufficienti per confermare la tesi di Erodoto. Questa tesi si basa, in definitiva, sull'identificazione degli etruschi con i lidi e, quindi, sulla teoria dell'indoeuropeità dell'etrusco. Ma questa posizione mi sembra insostenibile. Sono pochissimi coloro che considerano l'etrusco una lingua indoeuropea e le loro argomentazioni non sembrano, ad oggi, convincenti.


La scrittura e la lingua.
A dispetto di quanto si potrebbe credere, la lingua etrusca è ampiamente documentata. Se non abbiamo documenti specificamente letterari, disponiamo di un'enorme risorsa in termini epigrafici e di documentazione non letteraria.
L'etrusco era scritto in un alfabeto derivato da quello greco euboico, con alcune modifiche . La fonologia etrusca è in effetti molto differente da quella greca. Essa non prevede la articolazioni consonantiche sonore (foni come [b] e  [ɡ] sono quindi assenti). A differenza del greco, poi, l'etrusco è dotato del fonema fricativo labiodentale sordo [f], indicato con un segno simile ad un otto e generalmente trascritto col digramma <vh>. Il segno greco φ (phi), infatti, nasce come segno connotante un'occlusiva bilabiale aspirata, e solo in seguito (attorno al I secolo d.C.) si sarebbe realizzata come fricativa sorda.
E' chiaro che la lettura dell'etrusco non presenta alcun problema per noi oggi. Più complicata è la traduzione e l'interpretazione dei testi, ma oggi disponiamo di una solida base circa la grammatica e il lessico etrusco rispetto a quanto era noto agli inizi dell'etruscologia. Le risorse principali per la lingua etrusca sono rappresentati dalle bilingui etrusco-latine e dalle iscrizioni su oggetti di uso comune. Nel caso delle bilingui, abbiamo il testo originale tradotto in maniera letterale in una lingua a noi nota. Un po' come nel caso della Stele di Rosetta, possiamo decifrare il testo originale etrusco a partire dalla controparte latina. Nel caso delle iscrizioni, il procedimento è più complesso. Quando non siamo in grado di tradurre l'etrusco, semplicemente perché ci troviamo di fronte a termini di cui non conosciamo il significato, possiamo far riferimento al contesto in cui l'iscrizione si trova per tentare di dare un senso a ciò che è scritto. Così un'iscrizione funeraria non potrà ospitare le stesse formule presenti su oggetti di uso comune come anfore o cocci. 
Esiste in realtà un altro metodo ancora per tradurre l'etrusco. Si tratta del metodo cosiddetto 'etimologico', in quanto sfrutta le tecniche della linguistica storico-comparativa per stabilire una parentela tra l'etrusco e una o più lingue del passato o del presente, e così facendo avanza traduzioni sulla base della somiglianza di lessemi e morfemi etruschi con quelli di altre lingue. Questo tipo di metodo oggi è molto discusso e spesso riceve molte critiche. Basti considerare i lavori di Mario Alinei sulla parentela tra etrusco e ungherese. In ogni caso, dobbiamo riconoscere che questo metodo può fare chiarezza sulla situazione linguistica dell'Italia pre-romana, e non solo. Sono considerati ancora oggi validi, infatti, gli studi di Helmut Rix sulla parentela tra etrusco e retico.

A livello tipologico, si tratta di una lingua agglutinante (come il turco o l'ungherese), in cui il valore grammaticale di un termine è indicato da una serie di suffissi che si aggiungono alla parola-base, ognuno dei quali suffissi veicola una e una sola nozione grammaticale. E' un tipo di struttura con cui noi parlanti lingue indoeuropee non abbiamo dimestichezza e che può anche metterci in soggezione (molto spesso questo tipo di lingue sono in grado di esprimere un concetto utilizzando un'unica parola, ma di lunghezza impressionante, come nell'ungherese megszentségteleníthetetlenségeskedéseitekért "per il vostro continuo comportamento come se non poteste essere sconfessati").
Questo è un indizio importante, anche se forse non determinante, sul fatto che l'etrusco non sia una lingua indoeuropea. Le lingue indoeuropee sono infatti caratterizzate da tipologia flessiva (più marcata, come nel caso del latino, o scarsamente marcata, come nell'inglese contemporaneo). L'etrusco è poi caratterizzato da altre peculiarità prosodiche e fonetiche. L'accento tonico era sempre protosillabico (si trovava sempre sulla prima sillaba) e di conseguenza sono frequenti i casi di sincope (caduta o eliminazione di elementi o sequenze interni alla parola), individuabili nelle varie fasi di passaggio, dall'etrusco arcaico al medio e dal medio al tardo:


Rasenna (pron. Ràsenna) > Rasna 

Per quanto riguarda la grammatica, poi, siamo in grado di additare all'etrusco le seguenti caratteristiche.
Le flessione avviene sempre attraverso l'uso di suffissi, in tutti gli aspetti della morfologia (nomi, verbi pronomi).
Per i sostantivi, presentava, a quanto ci è dato sapere, un sistema di due declinazioni con sei casi (nominativo, genitivo, pertinentivo, locativo, accusativo e ablativo) e due numeri, singolare e plurale.
Le funzioni dei casi sono analoghe a quelle che conosciamo nelle lingue classiche, eccetto che per il pertinentivo, che è assente sia in greco sia in latino. Si tratta di un caso che esprime il complemento di agente, di specificazione o di vantaggio.


Conclusione
In conclusione, rispondendo alla domanda posta nel titolo di questo articolo, possiamo affermare con una certa sicurezza che l'etrusco, oggi, non è affatto una lingua misteriosa. O almeno non nel modo che ci fanno intendere. Sull'etrusco sappiamo moltissimo e, sebbene ci sia ancora molto da approfondire, non possiamo certo includere l'etrusco nel novero delle lingue indecifrate o indecifrabili.


 


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