Perché Gesù non è riconosciuto come Messia dall'ebraismo?

Uno degli aspetti più evidenti quando si parla della differenza tra cristianesimo ed ebraismo è il loro 'conflitto' in relazione alla figura di Gesù, visto dai cristiani come il Salvatore, e dagli ebrei non riconosciuto come tale, ma anzi considerato alla stregua di tutti gli altri 'falsi profeti' che, di tanto in tanto, si sono fatti avanti nella storia dell'ebraismo.
Perché gli ebrei non riconoscono in Gesù Cristo il Messia? In fondo Gesù è nato come ebreo, e ha predicato la sua dottrina in base ai precetti del giudaismo, quindi perché non potrebbe essere stato il Messia?
Risultati immagini per gesù cristoOggi cercherò di essere il più chiaro possibile nell'esporre le ragioni per cui la dottrina ebraica non riconosce nella figura di Gesù quella del Messia. Sebbene i connotati stessi che vengono attribuiti a Gesù e alla sua predicazione nel Nuovo Testamento presentino numerosi problemi irrisolti per l'ebraismo, mi limiterò qui a elencare le principali questioni dottrinali che impediscono la conciliazione di ebrei e cristiano attorno alla figura di Gesù e alla sua dichiarata divinità.

I tre problemi della dottrina cristiana

La Trinità
Il primo grande problema che sorge nel rapporto tra Cristianesimo ed Ebraismo è la Trinità. Il culto ebraico non ammette che la divinità possa in qualche modo assumere una forma umana, come nel caso del Figlio nella dottrina cristiana. Yahwè resta un Dio infinito e non-materiale.

La seconda venuta
Il secondo problema è racchiuso nella nozione della "seconda venuta". Nella religione ebraica, non vi è qualcosa come la seconda venuta, non è concepita la seconda venuta del Messia. Il Messia, quando comparirà, metterà fine definitivamente al vecchio sistema e quindi sancirà la fine dei tempi e l'instaurazione del regno di Yahwè. Il Messia apparirà per portare a termine la sua missione, condurre tutti gli ebrei a Israele, ricostruire il secondo tempio e stabilire la pace nel mondo.
Gesù, invece, che ha lasciato la sua missione inevasa in quanto ucciso sulla croce, promette una sua seconda, definitiva, discesa sulla Terra per mettere fine al peccato dell'umanità.

Il Patto e la 'giustificazione per sola fede'
Il terzo problema è forse più complesso e richiede una breve digressione sulle differenze tra l'Antico e il Nuovo Testamento.
L'Antico Testamento, che costituisce il testo della Torah ebraica, costituisce la testimonianza del patto siglato tra Dio e il popolo eletto, quello ebraico. Questo patto, costituito da tutte le lezioni, gli insegnamenti e anche le leggi esplicitamente enunciate nel testo vetero-testamentario, è il legame vincolante e insostituibile che stringe il popolo ebraico a Yahwè, e costituisce la chiave per l'accesso al 'Mondo a venire' (più o meno, il corrispettivo dell'aldilà cristiano).
Il Nuovo Testamento, con la figura centrale di Gesù Cristo, ha ripensato e ricostruito il rapporto Dio-uomo, mettendo sostanzialmente da parte l'antico patto. I cristiani, insomma, credono nella figura di Gesù e che sia attraverso di essa, e non attraverso la Legge, che consista la vera fede e, in ultima analisi, la possibilità di salvezza. Per gli ebrei, però, è del tutto inconcepibile che il patto possa essere stato "cancellato"; per mezzo di una figura, poi, che, pur proclamandosi messianica, di fatto rimanda la fine del sistema di ingiustizia mondiale a "data da destinarsi". Un'innovazione critica è quella della 'giustificazione per sola fede', laddove si intende che la salvezza non può essere ottenuta attraverso le opere messe in atto in vita. La salvezza può essere ottenuta solo ed esclusivamente per intervento gratifico di Dio.

Insomma, le ragioni del divario teologico ebraico-cristiano sono profonde e, con tutta probabilità, irrisolvibili.

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